Il bue

Verso maggio il nonno aggiogava il bue all'aratro e mentre nonna Maddalena lo conduceva per la cavezza cominciava ad arare il campo di fronte a casa, zio Giovanni brontolava perché aveva timore , oramai il nonno non era più un giovanotto e sarebbe bastato uno scarto maldestro dell' animale per fargli del male ; il nonno sapeva ciò che faceva , lo aveva allevato lui , lo chiamava per nome e il bue ascoltava i suoi comandi , non picchiava gli animali , le sgridava come avrebbe fatto con un bambino ,e se proprio si mostravano ostinati allora batteva col bastone a terra , tanto bastava , rare volte era dovuto andare oltre . Amava i suoi animali e li rispettava in quanto creature di Dio ,e loro sembrava che lo sapessero, non era mai capitato in tanti anni che gli avessero fatto del male.
Il bue camminava piano ma rallentava sempre di più , allora il nonno aveva una canna con un chiodo alla cima e quando rallentava troppo lo pungolava, e lui riprendeva la marcia. Il lavoro era pesante e procedeva lentamente, ma loro non avevano fretta , di tanto in tanto si fermavano all' ombra di un gelso , bevevano un sorso di vinello , dissetavano il bue , poi riprendevano , avrebbero impiegato fino a notte per finire.
Quando tornavamo da scuola io , Giuseppe e Cesare, il nonno aveva arato quasi metà campo ,zio Sebastiano appena finito con i lavori nella stalla era andato a dare il cambio alla nonna che così era potuta andare a cucinare per pranzo: quando il nonno era stanco , zio Sebastiano gli dava il cambio a guidare l' aratro , anche zio voleva bene agli animali e prima di mettere mano all' aratro andava sempre a parlare al bue , gli dava una grattatina sul capoccione , lui sembrava capisse e ricambiava con un tentativo di leccata. Quando facevano pausa zio passava la mano sotto il giogo per controllare che non fosse mal messo da provocare delle abrasioni sul groppone ; Verso notte riuscivano a finire, e si ritiravano a casa stanchi ma soddisfatti , per prima cosa accudivano al bue , zio lo dissetava a volontà , ed dopo gli portava un mezzo secchio di sfarinati : orzo, farina di mais , semmolino e crusca , per rallegrargli il cuore dopo la dura fatica della gionata . Il giorno dopo avrebbero erpicato e dopo , con un atrezzo appuntito avremmo fatto dei buchi a trenta centimetri uno dall'altro dove avremmo messo un chicco di mais, ma questo era un lavoro riservato a noi ragazzi e le donne che essendo leggeri non avremmo calpestato troppo il seminato,( noi lo facevamo volentieri : era una valida scusa per non andare a scuola ). Il Bue era stato chiamato fin dalla nascita :" Belu", il Nonno aveva subito capito che era un vero fassone piemontese e ora a circa tre anni era una montagna di carne e muscoli, era stato castrato da giovane e appena abbastanza robusto avevainiziato a insegnargli a lavorare, prima in copia con una vacca sterile da lavoro , poi da solo.
Nonno conservava sempre "il boccone più buono" per Belu , anche se già adulto , durante i lavori più grossi e pesanti gli dava persino un impasto di latte e crusca e metteva adirittura un paio di uova sbattute assieme.
La mula la teneva per i lavori più leggeri come trainare il carro o portare il letame nei campi, ma lui : Belu quando era aggiogato non cedeva, bianco , vero fassone piemontese, due coscie spaventose, un enorme groppone, coperto di peli grigi come le spalle , sotto lo sforzo i muscoli tremavano come cavi d' acciaio,ma non cedeva, eppure era cos' domestico che persino la nonna lo conduceva per la cavezza, Sebastiano tutte le mattine finito di accudire gli animali nella stalla lo strigliava staccandogli evventiale sporcizia e lo spazzolava fino a fargli venire il pelo lucido, lui girando il testone cercava di leccarlo co quanta lingua potesse allungare, forse per ringraziarlo, a modo suo.
Chissà se i trattori di oggi sono capaci di fare altrettanto ?

L'Nini